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Teoremi del Poker

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Il mondo del poker è stato sempre abitato da personaggi molto estroversi che, oltre ad essere diventati giocatori professionisti, non hanno mai nascosto la loro professionalità nel campo della matematica, della fisica e quant’altro.
Un esempio tra tutti è David Sklansky, un matematico classe 1947 che è stato uno tra i primi protagonisti delle World Series of Poker, alle quali lo stesso ha conquistato ben 3 braccialetti, per un totale di 21 piazzamenti.
Nel 1999, è uscito il suo libro Theory of Poker , diventato uno tra le guide per eccellenza del gioco del poker. A Sklansky, vanno attribuite numerose teorie, o per meglio dire teoremi, che riguardano molte fasi del gioco, tra cui il cosiddetto Gap Concept di cui parliamo dettagliatamente in un altro articolo.
Per ricordare brevemente il teorema del poker riguardante il concetto del gap, possiamo sintetizzare a grandi linee che questo riguarda la differenza tra la forza di una mano che rilancia in preflop, paragonata a quella di una mano che chiama lo stesso rilancio, sempre in preflop. Il teorema, quindi, tiene conto delle possibilità che il rilancio possa nascondere semplicemente la volontà di rubare i bui. Un altro teorema di Sklansky, è quello che lo ha reso popolare.

Questo è chiamato Teorema fondamentale del Poker e si può descrivere in questo modo: “
ogni qualvolta si gioca una mano differentemente da come la si giocherebbe guardando le carte egli avversari, si perde;
ogni volta che si gioca nello stesso modo in cui si giocherebbe guardando le carte degli avversari, si vince”

Questo teorema, Sklansky lo propone anche a parti invertite: “viceversa, se i tuoi avversari giocano differentemente da come farebbero potendo vedere le tue carte, tu vinci; se questi giocano nello stesso modo in cui giocherebbero conoscendo le tue carte, tu perdi”. Il teorema, rispetto a quello del Gap Concept, sembrerebbe meno matematico e più psicologico, ma in realtà non è così.
Anche questa teoria, si basa sul cosiddetto valore atteso, che nel Poker così come in altri contesti, è un concetto molto statistico e quindi matematico. Nel poker, le possibilità di reazione di un avversario sono quella di chiamare, rilanciare, puntare o abbandonare. La scelta più propizia, legata alla quantità di chips in gioco sono fattori che vanno a bilanciare il cosiddetto valore atteso. In tutto ciò, gioca un ruolo importante la capacità di lettura della partita e quindi degli avversari.

In un altro articolo, abbiamo descritto quello che viene chiamato range, ovvero un determinato intervallo di carte con le quali il nostro avversario è solito chiamare, rilanciare, puntare e così via. Questo elemento, considerato il discorso del valore atteso, è di fondamentale importanza. David Sklansky, che ha passato (e che passa tuttora) la propria vita a studiare teorie sul poker, non è uno che si è concentrato soltanto sui dati che possiamo ottenere, ma anche sui dati che potremmo causare. Infatti, Sklansky spiega come sia possibile creare un percorso che porti a deviare le nostre tracce di gioco non facendo capire esattamente i nostri range. In parole semplici, spiega come capire ma non farsi capire.

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